La memoria di ogni uomo è la sua letteratura privata

La memoria è uno strano meccanismo che si accende nei momenti meno opportuni e ci costringe a confrontare quello che volevamo essere con quello che siamo e il risultato non è mai soddisfacente. 


Qualche sera fa ero in un taxi che sfrecciava a velocità di curvatura su un groviglio di strade del trevigiano. Fuori dal finestrino costellazioni di finestrelle illuminate di cui la nebbia nascondeva i contorni. Stavo cercando di mettere a dormire una giornata infinita, una di quelle che ti si materializzano addosso, quando tenti di far entrare gli impegni di una settimana in poco più di dieci ore senza cedere mai alla consapevolezza che potrai anche farcela, ma questo comporterà la distruzione di un pezzetto del tuo cervello che non ricrescerà mai più. 


Gli occhi scandagliavano il ciglio della strada alla ricerca di un appiglio per liberare la mente dalla prigione del corpo, un nuovo mondo in cui tutte le regole che il nostro ci impone non esistono più. È così che mi sono trovato a parlare con Aldous Huxley. Era a pochi centimetri da me, sul sedile dell’auto, indossava un abito grigio con una pochette gialla nel taschino. Aveva i capelli arruffati e lo sguardo vitreo a fissare il tappetino di plastica nero su cui poggiavamo entrambi i piedi. Aveva bisogno di parlare e anch’io, per questo rimanevamo zitti ad aspettare. Poi il taxi si è fermato e lui è sceso, lasciando la portiera aperta. Era il segnale, se c’era qualcuno che poteva aiutarmi a fuggire in un nuovo mondo era lui. Una frazione di secondo, la paura che si nasconde dietro il silenzio ed eccomi a camminare su un sentiero fangoso. Mi libero della cravatta, sperando sia l’ultima volta che riesco a ricordare il significato di quella parola e di tutte quelle che le fanno compagnia nella mia mente: compromesso, programma, necessario, controllo, responsabilità, tempo, rimpianto

Il mondo nuovo (Brave New World)romanzo di Huxley del 1932, realizza il sogno di Eduardo De Filippo: una pace, una pace eterna senza morte. Niente più scelte, niente più ricordi ingombranti a tormentarci, niente più coscienza, responsabilità, doveri. Gli esseri umani vengono suddivisi in caste in base alle loro potenzialità e una volta classificati non dovranno fare altro che seguire il proprio destino. Persone libere di vivere ogni esperienza senza domandarsi se sia ‘giusta’ o ‘sbagliata’. Quello che li guida è il piacere, la necessità di assecondare la propria essenza. E se il condizionamento che viene impartito a ogni abitante del nuovo mondo di Huxley non dovesse funzionare, c’è sempre il soma, droga che viene somministrata dallo stato ai cittadini per garantire loro una vita in cui ogni responsabilità è demandata, con gioia, alla collettività. 
Huxley è arrivato davanti a una quercia. Me la indica senza guardarmi. Alla base dell'albero c’è un buco. Sono pronto a seguire le orme di Alice e lanciarmi nel mondo dove, sono sicuro, sarò libero da ogni dubbio. Già, il dubbio, ma nel mondo di Huxley è vietato leggere. Mi domando se riuscirei davvero a essere felice senza i miei amati libri e le storie che conservano. Allora mi fermo a un passo dall’albero cavo, chissà se posso già chiedere a Huxley una capsula di soma, così mi butto e la faccio finita. 



Esito, e l’albero scompare e io mi ritrovo davanti a un albergo sospeso in una piatta radura fra un viadotto della tangenziale e una fabbrica fatiscente. Mi infilo il cappello, l’umidità è una dentiera aguzza per la mia cervicale, non mi piace infagottarmi così, ma è necessario. Programma, controllo, responsabilità, tempo, rimpianto.



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