Il manifesto del libero lettore (e scrittore): quando il diletto di Alessandro Piperno diventa anche il nostro


Aspettavo da tempo un testo di Alessandro Piperno che riprendesse e ampliasse gli articoli usciti negli anni sul supplemento culturale de Il Corriere della Sera (la Lettura), ‘camere con vista' sulla vita e le opere di grandi autori dell’Ottocento e del Novecento, che ho imparato ad aspettare come un piccolo dono domenicale alla mia sete di scrittura appassionata. L’incipit de Il manifesto del libero lettore (sottotitolo: otto scrittori di cui non so fare a meno), da poco pubblicato da Mondadori, parte proprio da uno dei suggestivi articoli di Alessandro Piperno, riprendendo l’aneddoto di un accumulatore seriale, nonché «stimabile slavista», che a cinquant’anni decise di ridurre drasticamente la sua sconfinata collezione di libri, non per un repentino cambio di personalità o perché in cerca della certezza che solo una conoscenza ridotta può assicurare, ma per una semplice questione di spazio. «I libri proliferavano in casa come canneti in una palude. Aveva più libri che ricordi». Ci rivela Piperno e per questo lo slavista arrivò a una decisione drastica: avrebbe conservato solo cento volumi della sua biblioteca. Un esercizio di selezione e valutazione che prometteva di stravolgere tutti i canoni letterari esistenti, con buona pace di Harold Bloom


Non vi racconterò come e se il nostro accumulatore seriale risolse il suo dilemma, anche perché neanche Piperno lo fa, ma questa storia deve servirci da monito: questo tipo di ossessione può facilmente farci varcare la linea invisibile fra libero lettore e lettore professionista. Il secondo «compulsa romanzi allo scopo di confermare le proprie idee sul romanzo», perdendo così il piacere «primigenio» di leggere un libro da dilettante («Il libero lettore è un dilettante, e come tale aspira al diletto»). Il libero lettore invece divide «i romanzi che producono endorfina da quelli che fanno venire l’emicrania» ed è questa l’unico tipo di classificazione che lo accompagna durante la sua vita di sconfinati piaceri: ecco la ricetta per il vero edonismo intellettuale. Sono solo a pagina 13 e già sono prigioniero di Alessandro Piperno, me ne accorgo perché inizio a rallentare la lettura de Il manifesto del libero lettore, comprendendo subito che sono in un territorio degno di Bohumil Hrabal, che considerava ogni frase al pari di una caramella da gustare lentamente fino a scoprire se al suo interno si nascondeva il retrogusto di Schiller o di Goethe, un luogo in cui pochi autori sono capaci di farti entrare, ma che il libero lettore riconosce al primo assaggio. 



E così inizio a immedesimarmi o a scontrarmi (il viaggio che ne deriva è altrettanto formativo e intrigante) con la visione ‘piperniana’ degli otto autori a cui il sottotitolo di questa raccolta di riflessioni fa riferimento: Tolstoj, Flaubert, Stendhal, Austen, Dickens, Proust, Svevo e Nabokov. Non perché siano i più importanti o i più significativi romanzieri degli ultimi due secoli e mezzo (rispetto a cosa e a chi poi?), ma perché sono quelli che il Piperno libero lettore ha letto e amato. Ne voglio ricordare due in particolare: il Charles Dickens affabulatore egocentrico, che usa le similitudini come un fioretto davanti al quale è impossibile rimanere impassibili e la Jane Austen «schiava di due padroni» (la fiaba virtuosa e il romanzo realista), che racchiude in questo conflitto il suo inferno e la sua astuzia. Ma Il manifesto del libero lettore è ricolmo di aneddoti e suggestioni da conservare nel cassetto più alto di quella scrivania dei ricordi a cui ci sediamo quando le nostre giornate diventano troppo pesanti per essere portate da qualche parte. È un libro che ci ricorda l’arte della libertà (nella lettura e nella scrittura) e il diletto che in essa si nasconde. 



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