La notte di mezza estate di Filippo Tuena
Sogno di una note di mezza estate è la fucina in cui
William Shakespeare ha iniziato ad allenare il proprio talento. Scritto dal
Bardo negli ultimi brandelli del XVI Secolo, in corrispondenza con la fine del
Rinascimento letterario italiano e l’inizio di quello inglese, Sogno di una notte di mezza estate presenta
al lettore (e allo spettatore, trattandosi di una pièce nata per la
rappresentazione) molti dei temi cari a Shakespeare, che ritroveremo in quasi tutte
le opere successive: l’amore, la gelosia, il tradimento, il magico, il teatro
nel teatro.
Diverse
le linee narrative che si incontrano e si sovrappongono nel testo: le tre
coppie Teseo/Ippolita, Ermia/Lisandro e Elena/Demetrio, che si inseguono alla
ricerca del vero amore; la coppia soprannaturale Oberon/Titania (re e regina
delle fate), che spia gli esseri umani, ordendo trame machiavelliche alle loro
spalle, realizzate dal ‘fidato’ e assai sbadato Puck; gli attori improvvisati, che
tenteranno di mettere in scena la tragedia di Piramo e Tisbe, riuscendo solo a
ingarbugliare ancor di più la storia.
In
pochi avrebbero osato aggiungere un altro strato a questo millefoglie
letterario. Uno di questi indomiti avventurieri della penna è di certo Filippo
Tuena che, con il suo Com’è trascorsa la
notte (edito da Il Saggiatore), somma sogno a sogno, realizzando un atto di
fede e di amore per il lavoro di Shakespeare. E se il sogno di Tuena ha una
precisa ambientazione (dove il narratore invita la sua amata ad assistere alla
straordinaria rappresentazione del testo Shakespeariano): «un palazzo
lussuosissimo ricco di saloni e gallerie, torri e terrazze, giardini e
fontane», allo stesso tempo questo luogo diventa un fondale trasparente che
l’autore può materializzare a comando, avvertendoci che è: «un palazzo in cui
vediamo l'insieme e il particolare, ne siamo fuori e ne siamo dentro».
Utilizzando
una scrittura dodecafonica a più
voci, Tuena mostra di preferire il dialogo con il lettore alla stesura di una
vera e propria narrazione, ampliando la semplice riscrittura con la continua esplosione
di punti di vista differenti che frantumano e ricostruiscono la trama del bardo
come se avessimo a che fare con i resti di un vaso della Magna Grecia a cui
manca sempre un pezzo. Ma ciò che conta non è trovarlo, esso non esiste.
E
se ogni frammento è un personaggio, con ognuno di loro l’autore sembra essere
in lotta per avere la possibilità di interrompere la rappresentazione e interrogarsi
sulle ragioni delle loro azioni e sul valore della loro (e nostra) esistenza.
Gli
amanti del testo originale non rimarranno comunque delusi. Rincontreranno
l’impareggiabile Puck, rapido, dispettoso, maestro dello sberleffo, che versa sugli
occhi dei personaggi dormienti il succo del fiore viola, facendoli innamorare
solo per generare bisticci, inganni e travestimenti. Tutto pur di avere una
scusa per parlare al ‘suo’ pubblico. E se questo turbinio spaventasse il
lettore, potrà sempre nascondersi nella saggezza inattesa di Bottom: «so che il
sogno di questa prima notte d'estate mi sfuggirà come fuggono i pensieri e le
memorie» e dei suoi giochi di parole: «sono stato oggetto d'amore, assoluto,
incondizionato, immeritato. Ho toccato il fondo col fondo» (perché Bottom in
inglese significa appunto ‘al fondo’).
Con
questo libro Filippo Tuena crea una tessitura ardita e complessa, che rende,
man mano che il libro procede, sempre più ardua anche la prova del lettore. Se
saprà essere tenace, avrà in cambio il privilegio di visitare il luogo dove
s’incontrano fantasia e realtà, un territorio magicamente neutro (pensiamo
oltre a Shakespeare a quelli sapientemente disegnati da Pirandello
o da Tabucchi)
di cui nessuno, fino a ora, ha saputo disegnare i confini, ma sulla cui
esistenza non abbiamo dubbi.
Come
ci rivela l’autore di Com’è trascorsa la
notte: «il desiderio rende vera la persona che immagina».
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