I finalisti del Premio Strega 2016. Consigli per il lettore.

In poco meno di 30 minuti tutto deciso. Il 15 giugno alle 21:00 a Casa Bellonci si sono ritrovati gli Amici della Domenica che, con il supporto dei voti di un manipolo di lettori forti selezionati dalle librerie e di una manciata di preferenze provenienti dalla scuole, hanno scelto i cinque finalisti della settantesima edizione del Premio Strega (in rigoroso ordine di preferenze ottenute):
  • Edoardo Albinati con La scuola cattolica (Rizzoli) – 202 voti;
  • Eraldo Affinati con L’uomo del futuro (Mondadori) – 160 voti;
  • Vittorio Sermonti con Se avessero (Garzanti) – 156 voti;
  • Giordano Meacci con Il cinghiale che uccise Liberty Valance (minimumfax) – 138 voti;
  • Elena Stancanelli con La femmina nuda (La Nave di Teseo) – 102 voti.
Ora la volata verso l’8 luglio, quando sarà scelto il vincitore e Nicola Lagioia (premiato nell’edizione 2015 con La ferocia – Einaudi) cederà il titolo. Tutto come al solito, più rapido del solito. Nessuna polemica (almeno per ora), perché ci sono i grandi editori (Mondadori/Rizzoli e Garzanti del gruppo editoriale Mauri Spagnol), ma anche gli indipendenti di qualità (minimufax) e le novità attese al varco (La Nave di Teseo nata dopo l’acquisizione di RCS libri da parte di Mondadori), nessuno scontro fra i finalisti, fra gli editor o fra i loro supporter. Peccato per i giornalisti alla ricerca di un succoso conflitto, ma pensiamo ai lettori. 

L’agognata fascetta gialla di “finalista al Premio Strega” fa gola a ogni autore e ancor di più alla sua casa editrice, perché dà una spinta alle vendite, soprattutto nel breve termine, ma come spesso accade, è il tempo a decretare il reale livello di affezione di un lettore a un romanzo. Qualche anno fa, Sellerio ha pubblicato Curarsi con i libri, Rimedi letterari per ogni malanno, di Ella Berthoud e Susan Elderkin, testo affascinante per ogni lettore ossessivo che si rispetti che, grazie anche alla maestria di Fabio Stassi che ne ha curato l’edizione italiana, parte dall’assunto che per ogni malanno sia già pronta la cura adatta, basta solo sapere in quale libro è racchiusa.  E allora andiamo a scoprire cosa si nasconde nei romanzi dei cinque finalisti, lasciando a voi la valutazione sul malanno cui si adattano meglio. 

Cominciamo allora da Edoardo Albinati, classe 1956, scrittore, traduttore (da Shakespeare a Nabokov, passando per Louis Stevenson), insegnante al penitenziario di Rebibbia a Roma e autore di numerosi reportage di guerra per il Corriere della Sera, La Repubblica e il Washington Post. Allo Strega arriva con La scuola cattolica, l’”impresentabile”, secondo alcuni editori: un libro di 1.300 pagine che non è né l’unione di diversi volumi di un fantasy, né tanto meno una storia romantica seriale. La narrazione qui ruota intorno alla scuola cattolica San Leone Magno, passando per il delitto del Circeo, il romanzo di formazione, quello di denuncia, ma anche di riflessione sul mondo contemporaneo e il tasso di violenza che lo permea. Un corpus poliedrico e multistratificato che potrebbe spaventare il lettore. Di questo si rende conto anche l’autore quando scrive: «Abbiate pazienza se proseguo qui per qualche pagina a parlare di famiglia. Se non scrivessi ancora […] i ragazzi di questo libro resterebbero incollati come figurine sui fogli bianchi».  Si rivolge direttamente al lettore Albinati, cerca di guidarlo, cerca di fargli capire che quando leggiamo questo testo «non dobbiamo pensare a un romanzo, ma a un tentativo di capire il mondo», come ha scritto giustamente Francesco Piccolo


Eraldo Affinati, classe 1956, scrittore ed insegnante di letteratura alla Città dei Ragazzi, arriva allo Strega con L’uomo del futuro. Da buon insegnante Affinati ci ricorda che per distinguere fra un bravo e un cattivo maestro, basta guardare negli occhi dei suoi studenti. Quelli degli allievi di Don Lorenzo Milani (l’uomo del futuro del titolo) brillavano. Narrato in seconda persona, con un’ampia parte del testo dedicata ai diari di viaggio di Don Milani (dal Gambia a Volgograd), questo libro prova a contagiare il lettore con l’entusiasmo che da anni porta Affinati a studiare la figura del religioso che ha creato non poco scompiglio nella Chiesa Cattolica negli anni ’50 e ’60.   


Per Vittorio Sermonti, classe 1929, autore, traduttore, drammaturgo, romanziere e persino dentista, arrivare alla cinquina dello Strega, è un’ulteriore consacrazione, qualora ce ne fosse bisogno. Possiamo dire senza paura di essere smentiti che Sermonti ha attraversato tutti i generi letterari e continua, all’età di 86 anni, a sperimentare. Questa volta propone al lettore un memoir, una collezione di ricordi che partono, come ci fa intendere il titolo, da un’ipotesi. Cosa sarebbe accaduto se nel 1945 tre giovani partigiani avessero sparato a suo fratello invece di risparmiarlo? È un punto da cui iniziare a srotolare le matasse della memoria, che Sermonti definisce ricordi “in un disordine fastidioso e devastato”. 

Ed eccoci, non lo nascondo, a uno dei miei preferiti: Giordano Meacci. Classe 1971, Giordano è scrittore, sceneggiatore, amante fedele della lettura e del cinema, ma soprattutto adepto della parola e della forza dirompente che può generare. Sentirlo parlare è irripetibile delirio di sensi, troppe le possibilità di approfondimento che ti regala, troppe le pagine che ha letto e che a te mancano. Eppure non si può smettere di ascoltarlo narrare. Il cinghiale che uccise Liberty Valance non è propriamente un romanzo, è uno studio comparato sulle giravolte linguistiche e sulla pulizia stilistica al limite della paranoia, 450 pagine in cui è il “come è scritto” più che il “cosa è scritto” a fare davvero la differenza. Un testo con cui è importante litigare, fatto di parole tridimensionali che l’autore fa continuamente ruotare davanti agli occhi attoniti del lettore, che non riesce proprio a capire come parole che ha avuto davanti ogni giorno della sua vita siano portatrici di tale iperbolico stupore.


E chiudiamo con Elena Stancanelli, classe 1965, scrittrice, opinionista e madrina di importanti iniziative per la diffusione dell’amore per la lettura, tra cui fa veramente piacere citare i Piccoli Maestri. Elena Stancanelli arriva allo Strega con La femmina nuda. Storia di Anna, donna messa a nudo dal suo terrore di essere abbandonata dal compagno, che racconta, in forma epistolare, alla migliore amica (che è sempre perfetta, perché diversa da noi) della sua gita «nel regno dell’idiozia», dove transitano stuoli di traditi, disposti a tutto pur di acclarare il fallimento del loro rapporto e la colpa dei loro compagni. 


Commenti

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani