Milano e il quadrilatero del Silenzio


Milano è moda, design, grattacieli arrotolati su se stessi, bianco e nero, biciclette, tram e inaspettatamente silenzio. Un luogo efficiente e squadrato agli occhi di un viaggiatore ebbro delle forme sinuose e magnifiche della Roma lucente, così abituata al suo stratificato splendore da divenire indifferente alla sua stessa bellezza, tanto da sporcarla in ogni modo e misura possibile. 

Milano con i suoi palazzi, parallelepipedi allineati ai lati dei grandi viali, che scorrono senza incertezze attorno al centro storico, come se lo tenessero d’assedio, come se fossero una versione futurista di quel biscione visconteo che ammanta la città dal XIII secolo, come se nella loro essenzialità dovessero ipnotizzare coloro che quei viali percorrono, perché non si accorgano che stanno correndo in circolo più veloci dei loro connazionali. 


Certo, ci sono delle eccezioni. Una di queste è Corso Venezia, che queste cinte di viali spezza, tagliando il centro cittadino da San Babila a Porta Venezia, costeggiando musei, planetari, giardini e possenti palazzi. Elegante accesso alla Milano napoleonica prima e austriaca poi, usato per parate e saluti a vecchi e nuovi signori, oggi Corso Venezia è un largo viale denso di auto e moto rombanti. Eppure pochi passi più in là, la città sorprende il viaggiatore che si muove a piedi, avvolgendolo nel silenzio e nella sperimentazione. 


palazzo Berri Menegalli

Dal lato opposto del palazzo Bovara, dove lo scrittore Marie-Henri Beyle (conosciuto con il nome d’arte di Stendhal) visse nel suo periodo milanese che lui stesso definì «l’aurora del suo vivere», e dietro il palazzo neoclassico Saporiti con i suoi elefanti di pietra, si apre un quadrilatero di strade dove l’architettura liberty, futurista ed eclettica ha fatto di Milano un luogo di sperimentazione nella prima metà del Novecento. Il viaggiatore avvertirà qualcosa di strano non appena inizierà a camminare su via Cappuccini, sarà a solo cento metri da Corso Venezia, eppure qualcosa sarà già mutato. Un compagno discreto e inatteso, lo avrà raggiunto: il silenzio. 

Le persone non lo amano. Dichiarano di averne bisogno, di desiderarlo sopra ogni cosa, ma ne hanno una paura folle. Il silenzio è il sacerdote del pensiero. Il silenzio non ammette distrazioni e scava nelle nostre scelte alla ricerca dell’errore sanabile e con esso dell’azione che sappiamo essere dentro di noi e non vogliamo vedere. Per salvare il viaggiatore via Cappuccini, gli offrirà palazzo Berri Menegalli, con i putti giganti a reggere le grondaie di pietra, i mattoni impazziti, che si rincorrono sulla facciata, i mosaici smaltati, gli intarsi in ferro battuto a forma di drago. Rumore visivo per proteggere chi sarà entrato nel quadrilatero del silenzio. 


Il viaggiatore deciderà di continuare e girerà in via Vivaio, dove visse il pittore metafisico Carlo Carrà ed ebbe il suo studio lo scultore pre-espressionista Adolfo Wildst, ma il silenzio si sarà fatto più aggressivo. Il viaggiatore non potrà più sfuggirgli. Svolterà ancora in via Mozart e poi ancora in via Serbelloni, dove in preda a se stesso, si siederà sotto un portone al civico 10. Il collo sarà indolenzito dal peso delle orecchie che avranno cominciato a bruciare per le parole che il silenzio avrà iniziato a pronunciare senza sosta, pretendendo una risposta a tutti i suoi dubbi. Il viaggiatore solleverà lo sguardo, trovandosi a osservare un immenso orecchio di bronzo: troppo tardi per scappare, il silenzio avrà preso la sua forma. 


Commenti

  1. Davvero un bel post.

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