Riscrivere Shakespeare? Possibile secondo la nuova Hogarth Press

A un paio di mesi dai 400 anni dalla scomparsa di William Shakespeare (23 aprile 1616) sta per entrare nel vivo il progetto “Hogarth Shakespeare” che si pone l’ambizioso obiettivo di far riscrivere i testi del bardo ad autori contemporanei che vogliano cimentarsi con l’impresa di pensare come Shakespeare avrebbe scritto The Winter’s Tale, The Tempest o The Merchant of Venice se fosse nato nel 1964 invece del 1564 e si fosse rivolto ai lettori del XXI secolo usando il romanzo invece di una pièce teatrale.


Il progetto prende forma qualche anno fa, nel 2012, quando il marchio Hogarth (di proprietà ora del gigante editoriale Penguin – Random House) viene presentato a Londra e New York come discendente di quell’Hogarth Press fondata nel 1917 da Leonard e Virginia Woolf dal nome dell’edificio in cui iniziarono a stampare a mano alcuni volumi di loro interesse e che in pochi anni, grazie anche al circolo Bloomsbury (circolo culturale che annoverava fra i suoi membri oltre a Virginia Woolf, autori e artisti come E. M. Forster, Lytton Strachey, Duncan Grant, Dora Carrington e Vanessa Bell) divenne editore privilegiato di scrittori, saggisti e artisti che segnarono grandi cambiamenti nella cultura del Novecento. 
Hogarth Press era sinonimo di libertà di espressione e in molti  vi si rivolsero quando in patria non trovarono editori pronti a rischiare con un nuovo approccio letterario (anche James Joyce mandò il suo Ulisse all’Hogarth Press, sebbene con scarsa fortuna) e quando il Telegraph, in un articolo di Hannah Furness del 2013, ha informato i suoi lettori che l’assunto su cui poggiano i capolavori shakespeariani: «they cannot be bettered» (non potrebbero essere migliori di ciò che sono), stava per essere messo in discussione, non poteva esserci un marchio editoriale migliore per lanciare la sfida.


Janette Winterson è stata la prima scrittrice a inaugurare la serie di dieci volumi previsti dal progetto. The gap of time, uscito a fine 2015 e ispirato a The Winter’s Tale, è ambientato ai nostri giorni, trasportando la scena dai regni shakespiariani di Sicilia e di Boemia alla Londra dominata dal mercato azionario e a una città americana che a molti ha fatto pensare a New Orleans con le sue notti infinite e la sua atmosfera ombrosa. Anche i personaggi del romanzo della Winterson cambiano nome, pur conservando la natura, le passioni e le sottigliezze mentali dei personaggi del bardo. E la stessa autrice a dirlo: “la dissonanza fra pubblico e privato, tra ambizione e contemplazione, fra la il proprio sistema di valori e quello della sistema sociale in cui si vive. Ci si avvicina a Shakespeare per questo, per comprendere e analizzare se stessi.” 



Alla Winterson seguiranno nel corso del 2016 Howard Jacobson con Shylock is my name (ispirato chiaramente al Mercante di Venezia), Anne Tyler con Vinegar Girl (ispirato a La bisbetica domata) e Margaret Atwood che si confronterà con La Tempesta

Intanto fra le tante iniziative che segneranno il 2016 per ricordare e a volte sfruttare commercialmente (ma ben venga se servirà a farlo leggere di più) il bardo, quella della Hogarth è quanto mai intrigante e speriamo presto nella traduzione in italiano di questi romanzi che, come ha detto Howard Jacobson sono un “enormously risk thing to do” (una cosa enormemente rischiosa da fare), ma ben venga qualche rischio, il lettore lo nota e sa apprezzarlo. 
 

Commenti

  1. È una rivelazione confrontare il Don Chisciotte di Menard con quello di Cervantes. Questi, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, prima parte, capitolo nono):
    «… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire».
    Redatta nel XVII secolo, redatta dal «genio profano» Cervantes, quell'enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, invece, scrive:
    «… la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire».
    La storia, madre della verità; l'idea è stupefacente. Menard, contemporaneo di William James, non definisce la storia come un'indagine della realtà, ma come la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che è avvenuto; è ciò che riteniamo che sia avvenuto. Le clausole finali – esempio e consiglio del presente, avvertimento dell'avvenire – sono sfacciatamente pragmatiche.
    È anche nitido il contrasto tra i due stili. Lo stile arcaizzante di Menard – in fin dei conti straniero – soffre di una certa affettazione. Non così quello del precursore, che impiega con disinvoltura lo spagnolo corrente della sua epoca.

    (Jorge Luis Borges, FINZIONI, 'Pierre Menard, autore del Don Chisciotte', Adelphi, 2003, p. 43)

    RispondiElimina
  2. Grazie Giovanni per quest'altro esempio di riscrittura che ci fa subito venire la voglia di andare a confrontare i due "Don".

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani