Intervista a Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli Editore

Pasternak, Grass, Blixen, Lowry, Tabucchi, Allende, Baricco, Vonnegut, Whitman, Lessing, Gordimer. Se cercate la connessione fra questi autori, in Italia è presto detta: si chiama Feltrinelli, la casa editrice che con Giangiacomo prima e con Inge poi ha contribuito, in sessant'anni di storia, a far scoprire ai lettori italiani autori capaci di scuotere e smantellare certezze, creando la propria cifra stilistica. Per conoscere meglio questi primi sessant'anni e curiosare nei prossimi, ho intervistato il direttore editoriale di Feltrinelli: Gianluca Foglia.


Inizio questa chiacchierata chiedendogli un parere sull’ultima edizione della Fiera internazionale del libro di Francoforte, la sessantasettesima, che si è chiusa lo scorso 18 ottobre. Com'è andata la fiera quest’anno?

È stata una Fiera mite. Non è stata movimentata da grandi libri e sono ormai lontani gli anni in cui la Fiera era il luogo di aste al rialzo per acquisire i diritti di un libro. Questa non è certo una buona notizia, perché indice di un mercato meno ricco a livello internazionale, ma presenta pur sempre degli aspetti positivi perché quella febbre da rialzo non portava sempre a buoni risultati. Oggi la Fiera è un momento di incontri e di scambio di informazioni su testi la cui lettura avviene nelle settimane successive. Abbiamo ricevuto molti riscontri positivi sui nostri autori: Per i nuovi libri di Michele Serra e di Giuseppe Catozzella, autori ampiamente tradotti all’estero, abbiamo avuto molte richieste.

Come sta andando il mercato editoriale nel 2015 rispetto all’anno precedente? Sente anche lei una lieve ripresa?

Va un po’ meglio. La situazione si è stabilizzata e le librerie hanno trovato un proprio nuovo assetto post crisi e di conseguenza anche noi editori. Per Feltrinelli è un anno molto positivo: il nostro piano editoriale è molto ricco anche per la concomitanza con i nostri primi sessant’anni di storia. Abbiamo pubblicato molti autori di successo, davvero un anno positivo. 


Gianluca Foglia

Proprio a inizio anno, lanciando i festeggiamenti per i 60 anni di Feltrinelli, ha detto che contava molto su alcuni grandi ritorni e qualche novità: Baricco, Benni, Recalcati, Capossela, Missiroli. Aspettative rispettate? Qualche sorpresa inattesa?

Se devo segnalare due sorprese importanti nel campo della narrativa italiana per Feltrinelli, che hanno superato le nostre aspettative in termini di vendite, devo citare Marco Missiroli che ha raggiunto le 60.000 copie e il cui romanzo è stato acclamato come uno dei  più importanti del 2015 e Concita De Gregorio che con il suo libro si avvicina alle 100.000 copie e sta continuando a crescere. Un ritorno particolare, molto significativo per noi, è stato il nuovo romanzo di Maurizio Maggiani, uno dei grandi romanzi italiani dell’anno. Per quanto riguarda la saggistica, lei citava giustamente Recalcati, ma molti sono i riscontri anche per il libro di Gabriele Romagnoli Solo bagaglio a mano, che sta andando davvero bene. Abbiamo fatto cinque ristampe in poco più di un mese. È andato molto bene anche il libro di Carlo Cottarelli sul debito pubblico italiano.

C’è qualcosa che accomuna questi libri che hanno avuto un successo superiore alle vostre aspettative?

Quello che li accomuna è l’autorialità delle nostre proposte. La nostra ricerca si basa sull’identità autoriale, sia nel campo della narrativa italiana e straniera sia in quello della saggistica. Noi puntiamo molto sull’autore, sulla sua identità, sul rapporto fra autore e lettori. È ciò a cui noi cerchiamo di dare più risalto nelle nostre proposte editoriali. È l’opzione Feltrinelli: il libro d’autore.

Feltrinelli ha contribuito negli anni a creare tanti nuovi classici della letteratura, compiendo anche scelte coraggiose. Mi viene in mente la famosa decisione di Giangiacomo Feltrinelli di pubblicare Il dottor Živago, inimicandosi così gran parte del partito comunista italiano di cui faceva parte. C’è qualche scelta ardita che si è trovato a dover prendere quest’anno e a cui tiene particolarmente?

Mi vengono in mente due testi stranieri che abbiamo pubblicato nell’ultimo anno che penso continueranno ad essere letti a distanza di dieci anni, perché diventeranno dei classici della letteratura come è avvenuto per Il dottor Živago, un romanzo che viene letto a prescindere dalla sua dimensione temporale; mi vengono in mente a questo proposito anche  Novecento di Alessandro Baricco o Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi.
Il primo libro pubblicato nel 2015 che vorrei citare è Giuda di Amos Oz e il secondo è Riparare i viventi di Maylis de Kerangal:sono due libri straordinari, sono stati pubblicati adesso, ma recano già le stigmate della classicità.

Inge e Giangiacomo Feltrinelli
In un suo articolo sull’«Huffington Post» in occasione dell’acquisizione da parte di Feltrinelli dei diritti di Go Set a Watchman di Harper Lee, sosteneva che uno dei motivi per investire e pubblicare un libro è che possa durare, che possa diventare un oggetto che un padre non vede l’ora di condividere con il proprio figlio. Lei quale libro vorrebbe tramandare alla prossima generazione?

Vorrei che un giorno, pensando al catalogo Feltrinelli, le persone leggessero Una storia di amore e di tenebra di Amos Oz, perché penso sia un libro mondo come solo un grande romanzo è in grado di essere, in cui c’è la storia, ci sono i rapporti familiari e generazionali, c’è una storia di formazione. È un testo di grande poesia e di grande verità. Ecco, mi piacerebbe tramandare alle prossime generazioni questo libro.

Non è certo un caso che in occasione dei 60 anni di Feltrinelli, avete inaugurato la nuova sede della libreria in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Quanto sono importanti oggi le librerie e perché Feltrinelli continua a investire su questo settore?

Penso che le librerie non sono e non siano destinate a essere solo spazi di vendita, ma sono e saranno sempre di più  spazi culturali di esperienza e incontro. Incontro con gli autori certo, ma anche con la fisicità del libro,  una dimensione che non scomparirà. Sono dei luoghi vivi, dove si possono avere scambi di idee e dove si possono trovare stimoli per arricchire il proprio pensiero. Quella delle librerie è una dimensione che resta fondamentale non solo per il mercato del libro, ma anche per mantenere viva l’esperienza della lettura. La lettura è un atto solitario, ma è un atto solitario che chiama condivisione e la libreria è il luogo ideale per questa condivisione. Certo non è l’unica, ma resta un luogo insostituibile per chi ama i libri, per chi discute e si confronta sui libri. Investire nelle librerie vuol dire aggiungere un tassello importante per tenere viva l’esperienza della lettura e della cultura che questa genera.

Inge Feltrinelli ha dichiarato: «Sono una vecchia ottimista, anche se non saprei immaginare la Feltrinelli e l’editoria fra dieci anni.» Lei ci vuole provare?

Bisogna stare molto attenti con questi giochi d’immaginazione. Non è difficile immaginare che gli assetti editoriali saranno molti diversi dagli attuali, non è difficile pensare che ci saranno attori nuovi e che alcuni degli attori attuali non esisteranno più. Va detto però che il sogno o l’incubo della disintermediazione, a seconda dei punti di vista, non è destinato a diventare realtà. Il ruolo dell’editore, capace di orientare, offrire, stimolare il lettore non scomparirà, l’editore che dialoga con il lettore continuerà a esistere. Probabilmente sarà meno legato al prodotto fisico, che continuerà a essere proposto, ma sarà accompagnato anche da altre aree d’azione, altri formati, altri supporti, altri modi di fruizione.


Gli ultimi dati ISTAT ci dicono che abbiamo perso 800.000 lettori nell’ultimo anno. Lettori che si erano appena avvicinati al mondo del libro. Come pensa Feltrinelli di recuperare almeno una parte di questi lettori?

Io penso che esistano cicli di espansione e contrazione. Prima dell’attuale contrazione, abbiamo vissuto un ciclo di espansione in cui, anche grazie a nuovi canali distributivi, il libro è entrato in nuovi spazi commerciali e questi gli hanno permesso di entrare in contatto con fasce di popolazione che non frequentavano le librerie (penso per esempio alla grande distribuzione). La vera grande sfida per guadagnare nuovi lettori si gioca però con le nuove generazioni, con i giovani lettori, in ambito scolastico. È lì che deve accadere qualcosa che cambi il livello d’interesse nei confronti del libro. Gli editori dovrebbero essere più presenti nelle scuole, prendendo parte a iniziative, collaborando con associazioni e istituzioni. Lì si gioca la grande sfida per guadagnare nuovi lettori. Ogni volta che abbiamo un libro che si presta a questo genere di iniziative, cerchiamo in ogni modo di lavorare per costruire un rapporto con le scuole. Non c’è modo migliore per guadagnare un nuovo lettore che portare un autore a scuola perché racconti il proprio lavoro, la sua storia, la sua scrittura.


Autori noti a parte, come decide se pubblicare un libro di un autore con Feltrinelli? Quante persone leggono un testo in Feltrinelli prima che venga presa la decisione di pubblicarlo? Ci racconta come funziona il vostro processo di selezione?

Intanto lo leggiamo, sembra logico ma non lo è. Il libro viene letto almeno da 3 o 4 persone differenti prima di essere selezionato per la pubblicazione. Abbiamo delle “spie” dislocate sul territorio che ci segnalano autori interessanti. A quel punto cominciamo con la prima lettura e poi se questa va bene procediamo con  la seconda e poi con la terza e così via. Decidiamo di pubblicare nuovi autori nel campo della narrativa quando abbiamo la sensazione di essere davanti a uno scrittore capace di esprimere un mondo particolare. Ogni autore è portatore di un “suo” mondo. C’è un mondo Baricco, un mondo Benni, può piacere o meno, ma non si può negare che sia caratterizzante. Nella scelta di un nuovo autore c’è la promessa che sia in grado di esprimere un suo mondo e di portarlo avanti nel corso degli anni, anche  oltre il primo romanzo. Noi preferiamo la continuità, preferiamo puntare sul lungo periodo, su una voce, che magari non esiste ancora, ma che ha le potenzialità per poter crescere negli anni. Originalità di voce e di ispirazione: questo conta per noi.

Riuscite a leggere tutto quello che ricevete?

No, ovviamente no. Selezioniamo sulla base dei primi avvicinamenti a un testo e ai commenti che su un testo riceviamo da persone che riteniamo capaci di individuare il talento.

Nadine Gordimer
Inge Feltrinelli è riuscita spesso a creare dei rapporti personali con i suoi autori. Penso a Nadine Gordimer o a Doris Lessing, ma anche a Isabel Allende o ad Antonio Tabucchi. È molto affascinante vedere come si crea un rapporto personale che va ben oltre il rapporto di lavoro fra autore e editore. Secondo lei c’è ancora questo rapporto fra Feltrinelli e i suoi autori?

L’editoria la fanno le persone; quando è fatta bene è il risultato di incontri di persone. La vita editoriale è intrisa di rapporti personali. Non solo fra editore e autore, ma anche fra editor e autore o fra redattori e autori. Il ciclo di un libro è un’esperienza che si basa sui rapporti e gli incontri fra le persone. Quando non esiste questo rapporto personale non c’è quasi niente. Per me è una componente imprescindibile del rapporto editoriale. Il compito dell’editore è quello di portare una voce al lettore e per farlo deve essere il primo a conoscerla, apprezzarla, comprenderla. Questo è il modo di fare editoria di Feltrinelli che ha una visione d’autore del libro e di chi lo crea. È un raro privilegio fare questo mestiere proprio perché mi ha permesso di incontrare e conoscere autori straordinari.

Quando ha deciso che avrebbe lavorato con i libri?

Quando ho finito gli studi universitari, ho messo per la prima volta piede con un contratto part-time in una case editrice. Dopo pochi giorni ho capito che non poteva esserci altro lavoro per me.

Non si è mai pentito della scelta?

Mai.

Cosa ama di questo lavoro?

Gli incontri con le persone, con i creatori di mondi nuovi, il contatto con il talento.

Cos’è il talento per Gianluca Foglia?

La capacità di alcune persone di vedere il mondo da un altro punto di vista a te estraneo e di fartelo vedere, toccare. È un’esperienza di scoperta continua. Una scoperta che spesso passa attraverso il tormento e la sofferenza. Le persone di talento il più delle volte sono persone insicure e tormentate, da questo insieme di  sentire però nascono cose straordinarie.

Cosa non le piace invece del suo lavoro?

Non mi piace un’idea che tende un po’ a diffondersi in Italia sulla base di un’errata importazione di modelli anglosassoni. Una certa idea di aggressività che tende a diffondersi in Italia. L’idea che chi urla di più, chi paga di più,  ha ragione. È l’importazione sbagliata di un modello che ha invece alle spalle una civiltà ben diversa dalla nostra.

Riesce a leggere libri per puro piacere?

Certo. Un libro che ho letto recentemente, edito da Iperborea, s’intitola L’arte di collezionare mosche, di uno scrittore svedese che ho trovato geniale (Fredrik Sjöberg [ndr]). Avventure di entomologi che l’autore racconta in modo particolarmente vivo e potente, facendone metafora della vita che viviamo e delle scelte di vita più difficili che l’uomo si trova a fronteggiare. Un libro che consiglio.

Ha mai deciso di pubblicare un libro che poi non ha avuto il successo sperato o di non pubblicare un libro che poi è diventato un best seller?

Sì, capita spesso. Un autore che meriterebbe un successo molto più ampio di quello che ha avuto fino ad ora è Piersandro Pallavicini che esplora un genere desueto, quello della commedia, e lo fa con grande finezza e poesia. Libri sfuggiti e poi diventati un successo, mi viene in mente l’ultimo libro di Svetlana Aleksievic che abbiamo letto anche noi ma che alla fine non abbiamo pubblicato.

Ha mai pensato di scrivere un romanzo? Capita sempre più spesso che si passi dall’altra parte della barricata?

No. Non è il mio campo. Preferisco fare bene il mio lavoro.





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