La quarta età di Vico


Chissà cosa avrebbe dedotto Giambattista Vico dagli ultimi avvenimenti che hanno toccato la biblioteca dei Girolamini, luogo che lui stesso contribuì a creare nel cuore di Napoli, quando suggerì ai padri oratoriani di ampliare la loro già ricca raccolta di testi sacri, acquistando (era il 1727) la biblioteca di Giuseppe Valletta. Certo non poteva immaginare che poco meno di trecento anni dopo, in una manciata di mesi, un uomo, che ha fra i suoi meriti quello di essere stato Console onorario in Congo (ruolo che deve essere diventato cruciale per essere nominato responsabile di una delle biblioteche di testi rari più importante d’Europa), potesse trasformare un prezioso gioiello per gli appassionati di libri antichi di tutto il mondo in un’accozzaglia di libri abbandonati e in rovina, preclusa agli occhi degli studiosi e dei lettori, un luogo in cui i libri stessi non si trovano più. 
1.500 testi su un totale di circa 150.000 libri rari contenuti nella biblioteca dei Girolamini (conosciuta anche come la biblioteca di Vico dai napoletani) sono infatti "scomparsi", perduti, partiti alla volta di chissà quale compratore carico di soldi ma povero di anima, che ha privato la biblioteca e i napoletani di alcuni dei suoi gioielli.
Marino Massimo De Caro, questo il nome del fantomatico responsabile della biblioteca dei Girolamini, almeno fino allo scorso 19 aprile, quando, a seguito di una azione collettiva di protesta da parte di studiosi e scrittori, lo stesso De Caro è stato costretto a denunciare la sparizione dei volumi e la magistratura ha deciso di mettere i sigilli alla biblioteca. Una delle tante storie del degrado italiano? Forse, ma non per questo l’indignazione deve essere meno profonda. Possibile che nel mare di disoccupazione italica, spesso anche fitto di cervelli funzionanti e perché no, onesti e (vogliamo esagerare) capaci di apprezzare, catalogare e preservare un libro raro e la sua storia, non si sia trovata altra soluzione che affidare uno dei luoghi simbolo dell’arte e della cultura nazionale (spesso fatalmente sconosciuti, perché chiusi al pubblico da decenni) ad un individuo indagato per ricettazione, privo di qualsiasi titolo e competenza, se non quella di essere nel giro della politica (quella con la “p” non minuscola, ma invisibile)?
Forse oltre alle età degli dei, degli eroi e degli uomini (postulate da Vico in relazione all'evoluzione della storia dell'umanità), bisognerebbe aggiungere anche quella della “olitica” (ormai priva di “p”), in cui gli uomini regrediscono dalla ragione al peggiore dei sensi, quello che li porta a desiderare più di tutto il rango di  “console onorario”.  


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