Quando il contenitore diventa il contenuto, una passeggiata alla Saatchi Gallery


Spazio e luce. Questa è la prima cosa che si ricorda della Saatchi Gallery a Londra.
Bianca, silenziosa e immensa. Le opere d'arte? Sì, ricorderete qualcosa.., ma gli spazi...
Penserete di essere stati catapultati sul set di un film di Woody Allen, magari nella galleria che Chloe, la moglie del protagonista di Match Point, ha "messo su" (anzi che il paparino le ha “messo su”) per occupare il tempo. Tutto sembrerà costruito per ridurre la giornata ad un piacevole diversivo fra una colazione servita sul portico e una prima a teatro. Gli spazi (infiniti), il rumore (assente), i visitatori (eccentricamente abbigliati e con taccuino sempre aperto fra le mani), le guide (tutte giovani, sorridenti e vestite di nero), pronte a scovare il seme della ribellione in un trittico di piastrelle marroni lasciate distrattamente (ma non così tanto) sul pavimento candido (anch’esso).
Avrete subito la voglia di comprare una sciarpa azzurra di cotone egiziano e un taccuino verde, con penna in tinta (brand saatchi naturalmente a quasi 3 pounds l’una), per iniziare a rovistare nel proprio io e scoprire se siete abbastanza cervellotici per aggirarvi a pieno titolo fra vetrate immacolate, strane pallottole di metallo arancione e gigantesche cipolle nere che penzolano dal soffitto.
Così, alla fine del giro, mentre sarete incerti su quale t-shirt acquistare nel book shop della galleria e sfoggiare così il minimal saatchi style al ritorno dalla vostra visita, un dubbio inappropriato solcherà le vostre menti:”la galleria mi è piaciuta perché mi ha davvero proposto qualcosa di nuovo o perché ha sollecitato quell’onnipresente germe di snobismo che Woody Allen stigmatizza e ama al contempo?”  Un'ottima domanda, da appuntare sul vostro taccuino, ma purtroppo non lo avrete ancora acquistato. 
Dovrete darvi da fare, allora, la prima a teatro vi starà già aspettando.

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