Un minuto di rivoluzione con Galileo

Ok, adesso facciamo un minuto di rivoluzione.”

Silenzio. Buio in sala. Il pubblico comincia a domandarsi se sta accadendo l’impensabile: l’attore sta parlando davvero con loro? Ossia, certo che parla con loro, lo spettacolo lo fa per loro, ma sta davvero attendendo una reazione attiva da parte degli spettatori?
Nel buio della sala gli sguardi si cercano invano, i bisbiglii aumentano e finalmente qualcuno parte, un urlo: “BASTA!!!” Ma basta cosa? Delle voci si condensano a fine platea, scricchiolii si susseguono sui palchi, qualcuno si alza in piedi, sta per scendere a fare la sua rivoluzione. Il tempo però è passato e l’indecisione, dote cronica nel popolo italiano, ha vinto anche questa volta. 
O forse no? Già perché Marco Paolini fa iniziare proprio in questo modo il suo monologo sulla vita e gli errori (alcuni provvidenziali) di Galileo Galilei, con una rivoluzione, riferendosi però a quella che il pianeta Terra compie intorno al Sole e che, eccezionalmente, anche il pubblico compirà (in poco più di due ore) attorno alla figura di Galileo Galilei, scoprendo desideri, delusioni e successi di una delle figure più discusse del seicento italiano. In pochi avrebbero pensato di trarre uno spettacolo teatrale, a metà fra il cabaret e l’impianto didattico, da un testo come il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo che Galileo diede alle stampe nel 1632 e di certo pochissimi avrebbero pensato di poterne ricavare un successo di pubblico e critica come è stato per il progetto ITIS Galileo.
Quindi complimenti a Marco Paolini per il coraggio della scelta, soprattutto in un contesto storico e sociale come quello attuale, che pone davvero poca attenzione alla ricerca della verità assoluta (vera e sublime ossessione di Galileo), relegando i folli che ancora la desiderano a minoranza senza valore, incapace di godere dei favorevoli effetti del compromesso. Per Galileo prima e per Cartesio poi, l’uomo ha in sé tutte le capacità necessarie a snidare la verità sotto le coltri di disinteresse e rassegnazione di cui spesso si ammanta. Paolini sembra mettere in pratica questa lezione per il suo pubblico, guidandolo attraverso le pieghe anguste della storia, a scoprire la caparbietà e le debolezze di un uomo che ha osato innovare, sfidando un sistema di conoscenza reso immobile da centinaia di anni di torpore. E sebbene il monologo di Marco Paolini si spinga, a volte, a ricercare l'aneddoto necessario a rallegrare gli spettatori a discapito della fluidità della storia, uscendo dal Teatro Argentina a Roma, dove l’arte affabulatoria di Marco Paolini sta dando il suo meglio in questi giorni, gli occhi del pubblico si cercheranno, per osservare il riflesso di quella volontà galileiana che sembrava da tempo perduta. 

-

Commenti

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani