Una parola, un verso: sedicesima - "perseverare"

perseverare v. intr. [dal lat. perseverare, der. di severus «severo»] (io persèvero, ecc.; aus. avere). – Persistere, mantenersi fermo e costante nei propositi, nelle azioni, nello svolgimento di un’attività: p. nel bene, in un’impresa, nel lavoro, nello studio, nella lotta; Meno com. con connotazione negativa: p. nel male, nel vizio, nella disonestà; prov., errare è umano, p. (nell’errore) è diabolico.


Distesi sul vostro divano, con il volume del televisore al minimo ed un plaid arancione sulle gambe, osservate la pioggia che colpisce nervosa i vetri delle vostre finestre, come se volesse romperli, come se si fosse unita alla folla di questuanti che vi circonda ogni giorno, chiedendovi tempo, lavoro, ascolto.

Voi tentate di resistere, di difendere quel ritaglio di passioni e progetti che ostinatamente vi trascinate dietro, chiuso in uno zaino che inizia a sembrarvi troppo malandato e orribilmente “giovanile”. Vorreste alzarvi, aprire la finestra ed urlare alla pioggia di smetterla. Vorreste aprire quello zaino e cercare di acchiappare quel desiderio che ancora si muove, schiacciato sul fondo dei vostri anni; vorreste svuotarlo quello zaino, rovesciando tutti i ritagli per terra, per poi farli volare, fuori dal tempo in cui persistete a vegetare. Volti di calce su corpi di velluto, si agitano sullo schermo di fronte a voi, pretendono la vostra attenzione, vi ordinano di riempire di nuovo lo zaino.

Vorreste spegnerla quella maledetta scatola, smettere di ascoltare chi ha realizzato i propri desideri triturando quelli altrui, dimostrando che ignorare le regole è la scelta migliore.

La pioggia intanto aumenta, i suoi colpi diventano più serrati, disturbando le vostre illusioni e costringendovi a rientrare in un corpo che, da tempo, non vi appartiene.

 
 

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