Tempo per scrivere?



Nel paese della furbizia e della mancanza di rispetto, della voce alta e delle file inutili (perché i pochi che le fanno non arrivano da nessuna parte), delle graduatorie fantasma e degli asili inesistenti, dell’oltranzismo e dell’individualismo senza limiti, della memoria corta e della eccessiva flessibilità delle convinzioni, ci sono ancora migliaia di persone che scrivono. L’entità del fenomeno è solo superficialmente apprezzabile dal numero di romanzi inediti che arrivano ogni giorno alle varie case editrici, serie e non, che sorgono oramai in ogni angolo del Paese. Basti pensare ai giornali, cartacei e virtuali, ai siti internet, ai blog, alle mail, ai vecchi e apprezzati cartelli ancora presenti durante le marce di protesta.

Vogliamo esprimerci, vogliamo spiegare, vogliamo chiedere aiuto, vogliamo essere famosi, vogliamo farci ascoltare senza che sia possibile per l’altro ribattere. Sarebbe interessante chiedersi perché e soprattutto a che scopo? Se siamo tutti impegnati a scrivere, tentando così di far arrivare il nostro messaggio a qualcuno che, a pochi centimetri da noi, sta facendo esattamente la stessa cosa, chi sarà disposto ad ascoltarci?

In un articolo dedicato ad alcuni autori esordienti, apparso qualche giorno fa su un importante settimanale di opinione italiano, si ricordava agli scrittori quanto fosse importante promuovere il loro lavoro perché le case editrici, soprattutto quelle minori, non erano più in grado di farlo. È necessario, sosteneva perentoriamente il giornalista, che un autore scriva anche sui blog, sulle riviste, su face book, su twitter, partecipi agli eventi in cui può conoscere e farsi conoscere e a tutto questo dedichi gran parte del suo tempo con periodicità e costanza. Lo scrittore esordiente deve costruirsi un suo pubblico prima che il suo libro sia disponibile, in modo che i suoi già affezionati lettori non abbiano bisogno dell’investimento in promozione della casa editrice per conoscerlo e comprarlo. Nel momento in cui l’autore ha “a disposizione” questa “base lettori/clienti” potrà proporsi alle case editrici, che a questo punto non avranno neanche la necessità di valutare il suo lavoro.

Sembra un discorso coerente con i tempi in cui viviamo, dove è la visibilità più che ciò che rendiamo visibile ad essere importante. E sebbene alcune case editrici continuano un serio lavoro di selezione sui contenuti (oltre che sull’immagine) del potenziale nuovo autore, ritorniamo alla precedente domanda: “Esiste una base lettori/clienti ancora disponibile a leggere e soprattutto ad ascoltare realmente tutte queste nuove voci? Perché se all’editore può bastare l’acquisto del “prodotto libro”, allo scrittore dovrebbe stare a cuore la reale lettura della propria opera e soprattutto l’impatto che essa potrebbe avere sui lettori, anche e soltanto nel fortificare idee contrarie a quelle dell’autore.

Lascio allora la parola a Anton Cechov: Leggere di se stessi qualsivoglia particolare e, ancor di più, scriverne per la stampa è per me un autentico martirio.”

Commenti

  1. Forse ho letto lo stesso articolo a cui ti riferisci, sebbene oggi di articoli sugli scrittori esordienti iniziano a vedersene troppi...
    Non so se sia ancora "tempo per scrivere" come ci chiedi.
    E' vero, si scrive troppo, badando più alla quantità che alla qualità e non si pensa abbastanza ai lettori, a noi, a me che non sono più soddisfatta da un libro da parecchi anni.
    Ma chi dovrebbe selezionare lo fa? e come?

    Sara

    RispondiElimina
  2. Ciao,
    La parola scritta, letta, postata, bloggata ha un mercato.E gli editori sfruttano tutti i canali possibili di promozione, meglio se gratuiti e con un potenziale di diffusione così vasto come la rete. Allora ciò che resta a noi lettori è ascoltare rete, tv, presentazioni in modo critico e affidarci solo al nostro cuore di innamorati della parola per valutare, dando agli esperti il loro giusto peso. Credo sia sempre stato così, anche quando i libri venivano promossi in salotti non televisivi, solo che ora siamo molti di più. Gli scrittori possono aprirsi oppure no, è una loro libera scelta (spero).

    Ciao
    Raffa

    RispondiElimina
  3. Grazie Sara e Raffaella, per i vostri commenti.
    Leggendo i vostri post si delinea una prima domanda:
    "Come fare a trovare ciò che cerchiamo nell'apparentemente vasto mondo virtuale, senza farsi irretire dalle infinite e colorate possibilità?"
    La qualità? La coerenza? Il contenuto? Il tema più sentito dalla maggioranza o la trama più vicina al nostro essere?E soprattutto voi lo avete il tempo...pardon decidete di averlo il tempo per tentare questa selezione?
    Pierfrancesco


    Forse affidarsi alla fortuna o alla quarta di copertina, come spesso facciamo dovendo scegliere un libro nelle mastodontiche sale ricolme di volumi della grandi catene di bookshops, non è sufficiente.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Un giorno come questo di Peter Stamm

L’ansia di fare, sì, ma di chi è la colpa?

Nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani