Una parola, un verso – quattordicesima: raccogliere...parole

raccògliere (ant. e poet. raccòrre) v. tr. [der. di cogliere, col pref. ra-] (coniug. come cogliere). – 1. Sollevare, prendere o riprendere da terra cosa o persona 2.a. Mettere insieme, radunare, riunire: r. denaro, oboli, documenti, citazioni, esempî, argomenti, notizie, indizî; r. uomini, soldati, compagni; b. Captare, concentrare in un punto 3. Riunire insieme le parti di una cosa allargata, aperta o distesa, quindi stringere insieme, ripiegare: r. le ali, le gambe, il corpo, le vele, le sartie, le reti. Fig.: r. le forze, i pensieri; r. la mente, concentrarla in un pensiero, nella meditazione.

E’ questo che spesso fa uno scrittore: raccoglie parole.



Nadine Gordimer, che con il suo inseparabile taccuino scappa nel bush sudafricano per respirare nuvole e parole, scegliendo le più preziose da raccogliere in attesa che arrivi la storia migliore in cui piantarle e solo allora, con un po’ di malinconia, lasciarle andare.

Haruki Murakami, autore dalle leggiadre sfumature, che riesce a planare con dita da bambino sulle emozioni più impervie, distendendole piano; lo vediamo chino, sulla pagina bianca ad attendere che germoglino le volontà dei personaggi, poi le raccoglie in piccole frasi, che restano incagliate nei suoi dialoghi, come in un rullo inceppato di un vecchio film che non riusciamo più a vedere, anche se lo amiamo, perché scatta subito il ricordo amaro.

Michael Cunningham, che scompone famiglie in desideri finalmente comprensibili, regalandoli al lettore, intrappolati in pensieri aguzzi. Essi si burlano delle parole e le raccolgono, accatastandole le une sulle altre, in attesa della reazione di un personaggio, che non arriverà mai.

Ian McEwan, che sfida il tempo, affettandolo in precise parole che raccoglie intorno al personaggio, una pira pronta a prendere fuoco allo scoccare della volontà dell’autore.


Raccogliere parole, ancora, non bastano mai.
















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